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Tutti noi nella vita abbiamo fatto delle scelte. Alle volte si raggiunge un punto oltre il quale la scelta fatta non è più reversibile e nemmeno negoziabiale: si pone una pietra angolare sulla propria strada e non si tornerà indietro; non si ripercorrerà la curva in senso opposto.

tito tiberti

Da sempre e grazie all'educazione impartitami da papà e mamma ho dato la massima importanza nella mia scala valoriale all'ONESTA'. Questo nella vita quotidiana e in ambito sportivo. Sono ormai 16 anni che gareggio (ne ho 28, la corsa è parte integrante e importante del mio vissuto, insieme agli studi). A volte però mi è capitato di chiudere un occhio. Credo sia stato per indulgenza, pigrizia o “pietà”, a seconda dei casi.

La sistematicità con cui certe violazioni dei regolamenti venivano/vengono perpetrate ai danni di atleti agonisti mi ha esasperato. La scarsa presenza di arbitri con il coraggio di pretendere il rispetto delle regole e del proprio ruolo mi ha scoraggiato. La codardaggine di tanti compagni di fatiche mi ha fatto sentire solo in una battaglia per la regolarità: tante parole di supporto ma pochissimi atti concreti.

Così mi sono trovato a un bivio: pecorone o Don Chisciotte? Costa fatica e dolore alle volte, ma ho scelto di andare incontro ai mulini a vento. Così non voglio più chiudere occhio su ingiustizie e irregolarità che incontro strada facendo. E nelle gare di casa nostra, specialmente in quelle su strada e di profilo non eccelso (regionali e provinciali), ho vissuto situazioni davvero poco edificanti. Il caso più frequente di irregolarità è la fattispecie dell'atleta straniero tesserato per società fuori regione che – contravvenendo al$ regolamento FIDAL – cerca di gareggiare ugualmente e portarsi via premi che non gli spettano ai danni di altri atleti. Altri atleti non vuol dire persone benestanti che corrono per svago, che non hanno “fame”, che si allenano nei ritagli di tempo del lavoro... Siamo tutti uguali, keniani, maghrebini o italiani. Siamo nella stessa barca e per fare 10km facciamo sforzi analoghi; ci alleniamo duramente; per arrivare alla fine del mese affrontiamo le stesse difficoltà. Non è tollerabile la mancanza di rispetto tra persone che fanno fatica. Non lo è nemmeno da parte di chi organizza manifestazioni podistiche.

Ad Alessandria, MarengoMarathon di domenica scorsa, è andato in scena uno dei capitoli peggiori della mia carriera atletica. Alle numerose violazioni regolamentari si sono aggiunti episodi di furto, vilipendio dell'autorità dei giudici, connivenza €con i colpevoli delle violazioni, violenza verbale inaccettbile nei confronti di atleti e giudici.

Mi spiego meglio, anche se mi corre obbligo di scrivere parecchio.

MarengoMarathon è classificata come gara PROVINCIALE, nonostante i trascorsi da gara nazionale se non internazionale. In questo caso sono ammessi a gareggiare tutti gli atleti italiani (fuorchè i primi 10 delle graduatorie nazionali dell'anno precedente se privi di apposita autorizzazione federale) e gli atleti stranieri tesserati per società della regione (nel nostro caso Piemonte). A questa regola sottosta una logica ben precisa, che mira a salvaguardare il patrimonio atletico locale, ma non mi dilungo qui, vi rimando ad un mio pezzo passato ed eventualmente aggiungerò un commento http://www.novararunning.it/Tiberti/giudici_gare_regole.htm).

A partenza avvenuta i giudici scoprono che gli atleti GHALLAB KHALID (Città di Genova – Liguria, maratonina), BELEFDIL MHOAMMED (Reggio Event's – Emilia Romagna, maratonina), EL HACHLIMI ABDELHAFID (Atletica Imola – Emilia Romagna, maratona) sono stati assegnatari di pettorale e stanno gareggiando, sebbene questo non sia permesso in quanto atleti stranieri tesserati per società fuori regione.

A frittata fatta (dall'organizzazione che ha consegnato per i controlli preliminari elenchi degli iscritti incompleti), i giudici decidono di inserire come non classificati gli atleti elencati: gli si riconosce la prestazione cronometrica ma non il piazzamento.

Ghallab taglia il traguardo per primo nella mezza, Belefdil sesto; l'ordine d'arrivo regolamentare prevede quindi che i primi 5 siano il 2°-3°-4°-5°-7° a tagliare il traguardo: Tiberti Tito, Brignone Valerio, Abate Gabriele, Colnaghi Pietro, Macchi Andrea.

Discorso analogo nella maratona maschile, con El Hachlimi primo ma fuori classifica; primo a rigor di regolamento è il secondo sul traguardo, Martinelli Giacomo.

I giudici avvisano l'organizzazione di non premiare gli atleti non classificati, ma l'organizzatore – tal Giovanni Lonardo – si faceva beffe dei giudici premiando a suo dire “il merito” e consegnando i premi agli atleti fuori classifica. Le premiazioni si svolgevano lontano dalla postazione dei giudici (arrivo della maratona) e i giudici stessi non hanno potuto intervenire nell'immediato per far valere le proprie ragioni. Che ci stanno a fare i giudici se poi l'organizzazione ne ignora di fatto l'esistenza?

Io – primo de jure ma secondo de facto – mi sono rifiutato di salire sul podio e di ritirare il premio: credo di aver fatto bene, accettare un premio non corrispondente a quanto meritato mi sarebbe sembrato una forma di accettazione dell'irregolarità. Alché Lonardo mi ha riferito frasi ingiuriose del tipo: “tornatene a casa tua”, “qui è casa mia e decido io”, “da me non avrai proprio niente”. Come se non bastasse Ghallab, cui io non avevo mancato di rispetto come atleta (non posso mica negare che abbia corso più veloce di me, 1h06.34 contro 1h06.56), se n'è uscito dicendo “vai ad allenarti e poi vedi se riesci a vincere”.

Il punto è che io – mi conosco e lo faccio sempre – avrei tenuto lo stesso comportamento rigoroso anche se fossi giunto centesimo al traguardo. Stesso discorso sul “prima vinci poi ne parliamo” lo ha fatto una specie di dirigente del Gruppo Città di Genova cui Ghallab è affiliato da ben 5 giorni (vuol dire che fino a 6 giorni fa correva senza tesseramento). Come se uno come me riuscisse a correre 1h06' senza farsi un culo esagerato (scusate il francesismo) in allenamento...

Accaduto questo ho in tasca euro zero, invece di 350 del primo posto + 50 di un bonus cronometrico concordato proprio con Lonardo. Scrivo questi dettagli per non nascondere nulla, non ho intenzione di passare per l'ipocrita che finge di fare l'atletica esclusivamente per passione (che comunque non mi manca affatto, chi mi conosce o mi legge usualmente lo sa bene).

Sono alterato e non potrebbe essere diversamente, ricorro nuovamente al giudice d'appello. Ripeto “GIUDICE”, arbitro imparziale che vigila sulla regolarità dello svolgimento della manifestazione e sull'attribuzione delle prestazioni atletiche (nel nostro caso cronometriche). Faccio ricorso formale, scritto, che viene accolto. Il giudice poi si reca con me in zona premiazioni e si rivolge per chiedere spiegazioni a Lonardo. Lonardo per tutta risposta prende a male parole il giudice, ne rifiuta l'autorità e l'autorevolezza, riafferma la volontà di fare come gli garba e di non tener da conto le classifiche ufficiali. Senza timore di essere smentito riferisco del momento in cui Lonardo a centimetri dal volto del giudice lo ha minacciato di “prenderlo a sberle”. Incredibile...

Altri atleti hanno protestato timidamente, alcuni più energicamente, ma Lonardo non ha cambiato condotta, per di più regnava una certa confusione giacchè lo speaker – su consiglio di Lonardo – non comunicava al pubblico l'estromissione degli atleti irregolari dalle classifiche.

Questi i fatti nudi e crudi. La FIDAL sa e mi auguro voglia agire in propria difesa (oltre che dei propri tesserati, tra cui il sottoscritto e tutto il Gruppo Giudici Gare) ed efficacemente contro Lonardo. Io ho “lavorato” ed ho meritato un compenso che non ho ricevuto, per cui procederò in tutte le sedi opportune per recuperare il maltolto.

Ringrazio il giudice d'appello che è stato coraggioso, a differenza di altri suoi colleghi che ho incontrato nella mia carriera, e fermo nella difesa dell'importanza della legalità.

Chi ha ritirato dei premi immeritati di fatto ha rubato: 350 euro il primo della mezza, 700 il primo della maratona. Questo non è correre per fame, questo a casa mia si chiama correre per fregare il tuo vicino. E se in fondo posso anche pensare che gli atleti fossero in buona fede (non lo penso comunque in questo caso specifico), non sono nemmeno sfiorato dal pensiero che Lonardo sia una persona onesta. Naturalmente sono propenso a pensare che chi – suoi collaboratori in primis – ha permesso che Lonardo si comportasse a suo piacemento in barba alle norme sportive sia connivente. Nella migliore delle ipotesi un coniglio benpensante.

 

Grazie dell'attenzione.

Tito Fiorenzo Tiberti