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C’è differenza tra un infortunio ed una malattia? Ed io vi risponderò: no. Quantomeno nel ragionamento attraverso il quale voglio condurvi...

Infortunio

Io solitamente, non soffro di grossi disturbi mentre persone vicine a me sono a dir poco ipocondriache.  Mia cognata, per esempio, tra un cambio di pannolini, una pappetta ed una ceretta si è fatta una bagaglietto di nozioni medico-domestiche pari ad un laureando, fuori corso, in neurofisiopatologia. Ah, lei, è ovviamente riuscita a risentire di tutti quei disturbi sui quali si è documentata. E pochi mali di sua scarsa conoscenza vengono a batterle alla porta.

E se qualche volta qualche piccolo disturbo non riesce a trovare collocazione nel suo archivio cerebrale, lei parte con la ricerca come un Indiana Jones e subito dopo aver trovato il Sacro Graal dentro un “vivere sani e belli” individua un principio attivo capace di stordire se stessa e dare un buffetto al malanno.

Ora, direte voi,  c’è differenza tra un infortunio ed una malattia? Ed io vi risponderò: no. Quantomeno nel ragionamento attraverso il quale voglio condurvi. Ed allora potreste dire: che argomentone che sta trattando il nostro Simone, forse sta facendo la cacca fuori dal vasetto! Bah, se è per questo l’ ho sempre fatta, senza raccontarvi di tutte quelle volte che, appena finito, ci sono pure  saltato sopra … non vi dico che macello, soprattutto per quelli che mi stavano attorno!

Un infortunio, una malattia, o meglio i sintomi di questi sono segnali punto e basta. Segnali del nostro organismo? Troppo semplice, c’è qualcosa di più.

Ecco, Simone ha appena letto “Malattia e Destino”e vorrà propinarci le sue ultime fantasticherie. Non è così. O meglio “Malattia e Destino” lo ho letto, ma un bel po’ di anni fa e qualcosa si sa, viene fuori da quella lettura; del resto come scrisse Goethe nelle sue Massime : «Che cosa vuol dire poi inventare, e chi può dire di aver inventato questo o quello? Così anche è in genere una vera stoltezza fare storie di priorità; giacché è solo per inconsapevole presunzione che non ci si vuole riconoscere onestamente come plagiari». Fatta la citazione che fa un po’ intellettuale e aiuta a dar autorevolezza allo scritto … continuo …

Segnali dicevo, segnali che ci danno un perimetro di lavoro, ci segnano la pista da percorrere; talvolta, ahimè, sono strade di un labirinto e quindi diventa difficile riuscire a districarsi. Però non arrivano direttamente dall’organismo, prendono la circonvallazione di noi stessi.

Bè, se fai come me che ti strappi un muscoletto, oltre a rompere le balle con quattro pagine di pensieri, il tutto è semplice: sei arrivato, non dico al capolinea (i miei amici lo diranno!), ma ad un doveroso stop si. Quel che dico io è che non è stato l’organismo ad inventarselo, glielo abbiamo detto noi, e lui, cambiando il codice ce lo ha ritornato.

E qui ci sta benissimo un Mens sana in corpore sano.

L’energia mentale viene sottovalutata così anche solo la stanchezza della mente si ripercuote sull’organismo.

Noi tutti siamo complicati. Dentro è come se fossimo un’azienda con tanto di amministratore delegato, quadri ed il resto delle risorse umane (adesso le persone, quelle che lavorano si chiamano così) con tanto di sindacato.

Madonna mia dove vai a parare Simone? Massì … tanto oramai si può dire quel che si vuole, sanno tutti un po’ di tutto con le proprie letture mensili. Il problema è che spesso gli argomenti non godono di un approfondimento, oppure noi stessi non siamo disposti ad affrontarlo. Quindi estrapoliamo, elaboriamo e deduciamo un qualcosa fatto a puzzle con molti pezzi mancanti. E man mano che andiamo avanti ci costruiamo le nostre roccheforti e non siamo più disposti ad ascoltare nessuno.

Tornando all’azienda, noi, siamo la presidenza onoraria (la coscienza, forse). E questa, ha un relativo controllo sul resto. Dipende da quante azioni di noi stessi abbiamo ancora, chi ne ha di più perché è abituato ad ascoltarsi, e chi ne ha di meno (perché non sente, forse ascolta con l’I-POD), queste permettono o meno di avere il controllo sul nostro direttivo. Quindi laddove privi di azioni, non vediamo più nemmeno l’operato dell’amministratore (il nostro cervello) e ci accorgiamo che qualcosa non va solamente quando gli operai sono in piazza. Magari, e qua è il punto, gli stessi bloccano la catena per un problema che credono si manifesterà ed al momento è solo incomprensione, voglio dire che potrebbero lavorare e produrre ma si fermano per qualcosa che non è ancora oggettivo, non è ancora un malanno vero e proprio. Tipo: manifestano perché vorrebbero la macchinetta del caffè in mensa, ma noi e la nostra coscienza non li abbiamo ascoltati. Risultato? La catena è ferma per un caffè. Se avessimo ascoltato le nostre stesse richieste. Adesso potete respirare

Evidentemente meno c’è colloquio meno c’è consapevolezza e più i problemi diventano grandi prima che ce ne possiamo accorgere; e lo stop può addirittura diventare un fermo perpetuo, malattia o infortunio che sia.

Psicosomatizzazione? Si, tutto.  (chissà se mi sto spiegando bene … bho, me lo direte)

A mio avviso insomma bisogna ascoltarsi (è essenziale capire che si tratta di un atteggiamento doveroso verso la propria persona); e questo è possibile dedicando un po’ del nostro tempo a noi stessi e se non si ricorre a rimedi sintomatologici. Bisogna, innanzitutto, tenere conto che un sintomo no fa diagnosi; e che se lo blocchiamo non blocchiamo la patologia ma solamente il segnale.

Credo che talune volte ci sia un utilizzo poco coscienzioso dei farmaci; li si utilizza come conforti; e gli addetti ai lavori, eticamente corretti, concordano. Perché non si pensa che spesso aiutano semplicemente a non sentire un disturbo, tagliano non altro che la comunicazione direttivo-operai e noi non percepiamo più il malessere che intanto cammina o addirittura galoppa a nostra pseudoinsaputa.

Per cultura si è poco propensi a chiederci cosa ingeriamo e perché la stiamo ingerendo. Questo aspetto ho avuto modo di osservarlo anche in luminari. Qualche giorno fa ho partecipato, con poco diritto, ad una trasmissione sportiva dove l’altro qualificato  ospite sosteneva l’uso dell’acido acetilsalicilico perché da molti benefici: fluidifica il sangue, aiuta a calmare eventuali infiammazioni. Potete ben capire che non mi trovavo in linea con queste tesi perché mi sembra molto discutibile proporre un farmaco anche se “semplicemente” da banco come aiutino per correre.

Incentiviare un qualcosa di chimico per una pratica sportiva? Ah, so bene che non rientra nel doping e che l’aspirina è antiinfiammatorio, analgesico, antipiretico, ma come viene riportato anche sul sito Albanesi.it (guru degli sportivi) dovrebbe essere considerata tale. E poi, non va suggerito l’utilizzo laddove non c’è patologia, perché il messaggio che ne viene fuori è “utilizzate pure qual cosina, non vi fa altro che bene”; come faceva mia madre quand’ero piccolo, che tornati da una sontuosa cena mi dava una dolce euchessina, ti sistema il pancino mi diceva, infatti qualche anno dopo l’hanno ritirata dal commercio perché cancerogena, non mia mamma (per la presenza di fenolftaleina). Ora infatti si chiama Euchessina C.M. (composizione modificata). Ma il problema, perlomeno come lo stavamo trattando, è un altro. Non posiamo assumere qualcosa che non ci fa sentire un disturbo che noi stessi (a nostra insaputa) mandiamo. E poi, non dimentichiamo che ha delle controindicazioni (tra tutte non va assunta se si soffre di shock anafilattico e se si ha il ciclo etc. perché le conseguenze potrebbero esser gravi).

Tornando a mia cognata, o a mio suocero col mal di schiena, la gastrite ed il tendine d’achille che da le condizioni meteo come il barometro di Arabba … ascoltiamoci un briciolo e pesiamoci un momento prima di assumere Misticanze di “Precauterapie”. Cosa sono le “Precauterapie”? Allora pre: prevenzione; cau: cautelativa; tera: terapia; pie: preghiera. Quindi dobbiamo innanzitutto non mescolare le cause con gli effetti.

Direte: ma cosa si fuma questo? Niente, ogni tanto mi fuma il cervello quando mi fermo per far passare un altro e questo transitando nemmeno mi fa un cenno di ringraziamento. Effetti? Nervoso, bestemmia, ulcera … No, solo un po’ di fastidio e uno sbuffo con sorriso. Rimedi?  Una strada più larga.

 

Simone Cartom Crema