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Per entrare in contatto con la natura e riceverne i benefici è sufficiente immergervisi più spesso e poi mangiare anche solo una mela, tanto il cuore a quel punto è già sfamato.

Trail Brenzone 2010

C’era una volta un corridore che andava sempre a correre sulla strada. Un giorno per caso vide uno stradello sterrato e decise di percorrerlo.  Il primo titubante passo lo fece come quando si vuole fare il bagno e non si conosce la temperatura dell’acqua; si, si intinge l’unghia dell’alluce del piede destro nel liquido blu-trasparente a mo di Carla Fracci nel primo passo di danza e si tira via come se ci si fosse scottati per poi riprovare e piano-piano entrare.

I primi minuti li trascorse al rallenty guardandosi i piedi; osservando, con perplessità, l’imbiancarsi dei propri calzari. Fattasene una ragione inizio a goderne, tipo i bambini con le pozzanghere. Tanto è solo il primo momento poi ci sguazzi come un animaletto, cik e ciak. A tal proposito gli venne in mente un aneddoto, nel quale però era stata solo la moglie a credere che la condizione del marito fosse del tutto accettata: tale Mario Mojo, che non era spagnolo,  portava quel pseudo-cognome perché Mojo in dialetto veronese significa: bagnato, bagnato molto,  inzuppato addirittura a volte si avvale del rafforzativo: misso. Il Mario rincasava dai campi, ed era fradicio perché aveva lavorato tutto il giorno sotto l’acqua battente ed appena varcata la soglia, stanco morto, si vide consegnato in mano il secchio vuoto e la moglie che gli diceva: za che te s’è mojo va’ a tor l’acqua al posso! (visto che sei bagnato vai a prendere l’acqua al pozzo!) Mario senza fiatare girò i tacchi e si diresse verso il pozzo nel centro della corte. Arrivò alla pompa e con tre pompate date alla vecchia leva arrugginita, il secchio di ferro si riempì. Rincasò, chiamò la moglie Maria e le disse, dopo averle tirato la secchiata addosso: adesso te s’è Moja anca ti… va a tortela! Tradotto: adesso sei bagnata pure tu … vai a prendertela! Da quel giorno fu soprannominato Mojo; la vicenda la si può raccontare quando la moglie seduta davanti alla TV ti dice: visto che sei in piedi … Ma a lui venne in mente perché l’uomo, come essere umano e non maschio, si abitua e si assuefa.

 

Sentiero Trail Brenzone 2010

 

Iniziò tutti i giorni a percorrere quello stradello ed ogni volta ne scopriva una diramazione nuova e diversa sin quando dopo alcune settimane si ritrovo’, prima con uno e poi con altri imbiancati che lo seguivano. Un giorno si fermò e disse loro che sarebbe stato bello mettere assieme le forze per salvare altri podisti, agili e fragili; gli raccontò che da quando percorreva le strade sterrate la sua valvola del benessere si era aperta e tutte le notti sognava di essere un uccello, un pettirosso bellissimo che si ritrova con altri volatili di diverse specie a giocare e rincorrersi nel cielo. Gli imbiancati lo guardarono con gli occhi sorridenti ed il capo (la testa) che annuiva perché era la medesima immagine che appariva a tutti loro tutte le notti. Assieme disegnarono un ghiotto tracciato per far uscire gli atleti, gli amatori, dai soliti circuiti. Carlo, la possenza, se ne prese cura assieme all’inseparabile, genuino e simpatico Germano. L’unica condizione che posero era che non avrebbero accettato corridori con la maglietta da calcio ed il costume a brachetta, per il resto tutto bene. Misero cartelli e coinvolsero paesani per i ristori e borgate medioevali per la cultura. Castelletto di Brenzone fu la partenza e le contrade di Biaza e Fazor e Campo i passaggi da perdifiato. Arroccati tutti sul pendio del Baldo a vista Benaco. Nei borghi abbandonati gli scorci erano innumerevoli e il piacere era dipinto sui volti. Si formò un bel gruppo, sembrava una famiglia; era un correre concettualmente differente, più accorto e più sereno, sia per non perdere le bellezze sia per mantenere quella lucidità che in certi passaggi serve.

Annusarono profumi che nelle città non esistevan più se non nelle erboristerie, e assaggiarono prodotti desueti come il Sambuco (non la Sambuca). Capirono che chi più si allontana dalla natura più la ricerca, addirittura, oggi, le mamme di città la vogliono sintetizzata sottoforma di bustine, pillole, pappette, flaconi, fiale, gocce, tavolette, polveri, in prodotti biologici, nella ricerca di agriturismo e comprandosi un fuoristrada. Invece la natura non è  polvere d’aglio aromatizzata Ginseng o liquirizia al fluoro di storione, questi non son altro che veleni spirituali. Per entrare in contatto con la natura e riceverne i benefici è sufficiente immergervisi più spesso e poi mangiare anche solo una mela, tanto il cuore a quel punto è già sfamato.

 

2 Giugno 2010 Brenzone, Medieval Trail: “tu te lo pierdes”

Simone Cartom Crema

Ah! Ci vediamo il 18 luglio al Trail dell’Orsa.