Elisabetta anche in questo racconto ci rende partecipi, di tutte l'emozioni che l'hanno accompagnata nella sua giornata "perfetta"! Grazie...
Mi sveglio perché qualcuno ha tossito rumorosamente. Guardo il cellulare. Carico ma spento. Cavoli e la sveglia? L'avevo affidata a lui, che ore saranno? Gli altri magari sono già partiti e io qui a dormire. Afferro il cardio. Sei e ventitré. Sospiro di sollievo. Che flash! Maledetta tecnologia quando non la sai usare. E dire che io i telefonini li vendo. Colpa del mio amore per l'arte e della mia golosità. Non amo solo i dolci, sono golosa in genere e ieri trovarmi a Roma ha significato...
... visitare tutti i monumenti più importanti della capitale con l'aggiunta dei musei Vaticani. La sera pizza con un amico romano di adozione e poi la stanchezza per la notte precedente passata in bianco e per la giornata intensa fra Michelangelo and co. ha fatto si che appena toccato il letto dormissi come non facevo da un bel po' di tempo in qua.
Mi vesto, colazione e poi via. Le strade sono un'invasione di maratoneti provenienti da ogni parte del mondo. Siamo tutti agitati e nervosi. Ci facciamo immortalare nei posti più belli, ora si può poi… chissà se avremo un altro aspetto!!!
L'organizzazione è stupenda, ci incanalano verso i camion adibiti a deposito borse. E chi ha il coraggio di spogliarsi? Fa un freddo cane, e io da ottimista ho lasciato guantini e paraorecchie a casa. Quanto al sacco delle spazzature per coprirsi alla partenza…mi sembrava poco elegante, ma ora odio profondamente il mio snobismo in determinate situazioni. Sono sicura che la tensione mi faccia sentire molto meno freddo di quello che proverei altrimenti, ma anche quello che provo adesso non è mica male…
Arrivo nella mia "gabbia". Tanta gente simpatica con cui parlare. C'è persino un podista vestito da centurione romano…
Lo start. Emozionante! Inizia la mia prima maratona. Una gara preparata, sofferta, fortemente voluta. Cammino per parecchi metri prima di passare sotto l'arco della partenza, saluto la mamma quando vedo la telecamera e poi …VIA!!! E l'espressione "hanno aperto le gabbie" non è mai stata più azzeccata. Siamo circa 15000, come se tutti gli abitanti della mia Valle più parecchi "foresti" corressero insieme.
Durante il percorso senti tutti i dialetti d'Italia e tutte le lingue del mondo: la società podistica cinese, quella americana, russi e svedesi… Tra noi non c'è razzismo, potremo avere idee politiche diverse, ma la passione per la corsa ci unisce tutti. Abbiamo anche tanti ideali. E li scriviamo sulle nostre maglie, li portiamo in giro con noi per farli conoscere. C'è una coppia australiana in viaggio di nozze: corrono insieme affiancati con un enorme cuore appiccicato sulla schiena con su scritto "Just murried" . Ma la maglia che preferisco è quella su cu vedo scritto con un pennarello nero "YES WE CAN". E' stato un po' il mio motto in questi tre mesi di preparazione. Me lo ripetevo spesso, sia quando le gambe faticavano, sia quando a faticare era la mente, alle prese con le mille attività della donna ordinaria che deve fare vere e proprie arrampicate sugli specchi per far quadrare corsa, lavoro, famiglia, casa.
Arrivo al 21° km. Ora inizia la maratona, fin qui è storia già vissuta. Ci arrivo più o meno con i soliti tempi di quando la gara finisce qui. Chissà se sbaglio…
E nelle orecchie le canzoni selezionate per la gara. Tutte ritmate perché mi devono dare grinta. Tutte meno che una: "Vivo per lei" di Bocelli. E' il pezzo che mia figlia definisce "la nostra canzone" e so che si riferisce alle mie fatiche di mamma single. Con lei ho dovuto unire e miscelare la dolcezza di una madre e la fermezza di un padre, vincere i pregiudizi di un piccolo paese, innalzare una "corazza d'acciaio" che fosse per lei scudo e riparo. E' andata bene, tutto sommato è cresciuta serena ma… certi ricordi sono terribili, ne richiamano altri ugualmente duri e tu corri e ti chiedi il perché. E' questo il mio posto? E dove credo di arrivare? La mia corsa è mediocre, non sono né una top né una da 3 ore. Allora perché ci provo, non è meglio ritirarsi? La voglia di correre nella capitale me la sono tolta abbastanza, ora basta. Al prossimo punto di assistenza mi ritiro. E inizio a camminare. E' arrivata la crisi. Nessuna voglia di superarla, si è impadronita totalmente di me.
Ai lati della strada tante persone si fermano in preda ai crampi e allungano le gambe. Le mie tutto sommato stanno reagendo bene. Oddio sono affaticata però fino al 42° km potrebbero reggere bene. E con tutti gli allenamenti fatti mollare adesso è da stupidi.
Mi rimetto a correre. I romani sono stupendi nel fare tifo, sono simpatici di natura con la loro parlata allegra. Passo davanti ad un collegio. I bambini sono tutti in divisa, in riga uno dietro all'altro. Tendo il braccio con la mano aperta. Loro capiscono subito e mi "danno il cinque". Li vedo felici ed io lo sono di sicuro più di loro. Piazza di Spagna. Mi sento chiamare. Mio marito e i nostri amici. Che bello! E poi mancano pochi chilometri. Maledetti sampietrini però! Ecco il Colosseo e l'arrivo. Lo taglio e improvvisamente scoppio a piangere coi lacrimoni come i bimbi. Attorno a me si blocca il meccanismo dei volontari: c'è chi mi copre con la coperta termica, chi mi mette al collo la medaglia, chi mi abbraccia, mi stringe, mi fa coraggio e mi consola. Penso che neanche il primo arrivato abbia avuto tanta gente attorno!
E le lacrime non smettono di scendere, io parlo normalmente, ringrazio tutti, stringo mani, ma quelle continuano a sgorgare dai miei occhi in piena autonomia…
Prima o poi smetteranno. Ora mi riposo un po' e penso alla prossima sfida…lo so, non sarà lontana!
Di Elisabetta Iurilli