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Naturalmente intendo, la mia Venicemarathon. La gara in sé è sempre ben organizzata, se si eccettuano gli ormai arcinoti disagi dopo il traguardo, trasporti mare - terra compresi. Ma Venezia e la sua gara sono così. Perciò: prendere o lasciare. Senza dimenticare un plauso sincero a tutti, indistintamente tutti i volontari, grandi e piccoli, vecchi e giovani, donne ed uomini. Ciascuno determinato a contribuire  alla riuscita di un grande evento. A loro un sincero grazie da parte, credo, di ogni podista. Ma veniamo alla mia gara/disastro.

Il sabato pre maratona trascorre tranquillo. Pettorale e pacco gara già ritirati per me dall'amico Claudio. Gironzolo in casa, faccio qualche lavoretto, mi distraggo e mi riposo. Mi disturba un poco l'idea di dover raggiungere la partenza da solo, ma  non c'è alternativa. Verso sera, prima di cena, uno strano gorgoglio percorre il mio stomaco. Non ci bado, almeno fino a quando mia figlia Giulia non accusa lo stesso sintomo.

Saranno le orecchiette consumate a mezzogiorno? Saranno i prodromi dj una jellata influenza intestinale che so essere in circolazione?  Per non pensarci preparo la borsa ma, non ci sono con la testa. Faccio e disfo  in continuazione. Dimentico ora questo ora quello. Poi, stufo e poco convinto, tiro definitivamente la cerniera lampo! La programmata cena con super carico di carboidrati si riduce ad una pappa di avena e due foglie di insalata. Di più non entra! Andiamo bene, proprio benone! Mi consolo pensando che grazie al cambio di orario potrò dormire un'ora i più e mi infilo a letto sconsolato ma con lo stomaco apparentemente riappacificato.

Mi risveglio  ad un orario imprecisato: Mister Stomach sta "crampeggiando" sornione ma continuo. Mi illudo che sia fame vera, data la cena francescana della sera prima. Arriva, non so dire quanto dopo, la sveglia ufficiale . Traballo verso il bagno, mentre la santa donna di mia moglie si accinge a prepararmi il solito riso all'olio e grana, colazione d'obbligo prima di ogni gara. 

Con meraviglia e sollievo mangio con voglia ed i crampi se ne vanno. Ma la solita adrenalinica lucidità, cede il passo stamattina ad una specie di apatia mista a rimbecillimento. Mi ritrovo seduto sul divano ad aspettare chissà che cosa…   Mi decido e prendo la macchina con mille pensieri che frullano in capo.

In viaggio vedo il sole che sorge. Lo spettacolo mi affascina e mi calma. Dopo il casello di uscita, riesco a sbagliare strada: mi faccio soccorrere dal navigatore. Raggiungo così Stra con un percorso cervellotico  imprecando contro la impersonale voce elettronica che mi ordina di girare ad ogni piè sospinto.

Intravedo per primo Ferdinando, amico di tante gare, che già si riscalda sul piazzale della chiesa. Subito apprezzo l'aria della gara: la respiro a pieni polmoni ed entro nel "mood" dimenticando i miei affanni. Saluto qualche conoscenza, entro presto nella gabbia e cerco la concentrazione. Vedo Claudio, gli confido i miei crucci. Lui riesce a calmarmi. In effetti, tra i colleghi mi sento bene. Scambi di battute con chi sta vicino e mente che si sgombra. Forse non andrà male, mi dico.

Arriva lo sparo e si va, come tante tante altre volte. La solita lotta con me stesso per impormi fin da subito il ritmo stabilito. Controllo spesso il crono che mi dice: Ale, sei troppo veloce! Tiro il freno, ma dopo poco sono allo stresso punto. La strada stretta ed il quasi contatto con gli altri corridori sono una micidiale ed inconscia spinta a tirare troppo. Mi stabilizzo sui 4'40/km : un ritmo alto ma intendo lasciarlo calare poco a poco.

Al 10° km un veloce Pit Stop mi fa capire che corro col fiatone…  Riprendo ma fatico a tenere i 5/km.  Guardo in giro per non pensarci: il calore del pubblico mi da carica e tutto scorre fino alla Mezza. Ho un tempo da tabella e mi rincuoro. Mentre scorrono i chilometri  la gambe si svuotano.

Mi raggiunge e se ne va il bravo Antonio, dopo avermi chiesto cosa avessi. Gli faccio un gestaccio esplicativo. Il mitico ultramaratoneta si allontana poco a poco, mentre si affaccia alla mente il desiderio di camminare. Provo a non pensarci, a non cedere. Penso alla bella (e caldissima) giornata, guardo intorno a me tanti podisti che macinano l'asfalto con evidente gioia e motivazione. Ma il momento fatale arriva: dopo il sottopasso di Mestre mi metto al passo.

Camminando mi pare di poter raggiungere il mitico Catai senza sforzo. Camminando appunto, non correndo porca miseria!!!  Mi manca la forza per spingere. Vorrei piangere, vorrei correre, vorrei… Cerco conforto nelle scorte di fruttosio, mentre dal pubblico mi supplicano di riprendere la corsa. Mi sorregge solo la certezza che niente mi impedirà di arrivare al traguardo con le mie gambe.

La delusione mi avvolge impietosa, spazzando via uno dopo l'altro i tempi alternativi che mi ricalcolo in testa a mò di assoluzione. Poi, non so come, riprendo a correre. Il ritmo non è indiavolato, ma si corre. Arrivo a S. Giuliano, lo passo, mi immetto sul ponte che non può farmi più paura, corricchio e addirittura tento di tirarmi dietro una ragazza del Tagi Car Villafranca che si dice demotivata.

Assisto poi ad un incredibile scena: una magnifica grintosa scriccioletta si tira per mano un marcantonio recalcitrante incitandolo a correre o almeno, a provarci! Le invidio tanta forza e determinatezza, mentre il mio calvario di corri e cammina prosegue.

Al porto, punto che cordialmente odio, cammino per un lungo tratto, autoricoprendomi di improperi. Trovo la numerazione dei ponti e corricchio anche per la spinta del pubblico. L'attraversamento del ponte di barche coi suoi sobbalzi mi fa soffrire indicibilmente: ad ogni passo i miei muscoli urlano la loro fatica con fitte e tentativi di crampi che non ho mai conosciuto prima. Ormai sono alla fine.

Onoro questa corsa imponendomi di correre.  Non ascolto i crampi. Non sento le fitte delle vesciche, (si, pure quelle, non mi sono fatto mancare niente!) Non penso al fiato che mi manca come se qualcuno mi avesse svuotato di ogni residua energia. Finisce, se Dio vuole, il count - down dei ponti e sono al traguardo letteralmente senza fiato.

Mi appoggio ad una transenna per riprendermi. Il cronometro, impietoso ma imparziale, segna 3,58,56. Il tempo ufficiale sarà un minuto in più. Mentre mi cambio fra una piacevole bolgia di podisti stanchi, soddisfatti o delusi, ripenso alla mia pazzesca mattinata. Non ho certo motivo per inorgoglirmi, avendo impiegato più di mezz'ora rispetto allo scorso anno. Ma non sono deluso. Ho portato a termine una maratona nata male. Forse altrettanto tatticamente mal gestita. Ma l'ho portata a casa. Se avessi avuto a portata di mano il pulmino dei ritirati, forse ci sarei salito al 10° km. Forse. Invece sono arrivato esausto in Riva Sette Martiri, ho preso un vaporetto che non arrivava mai, seduto sul pavimento quasi non vedevo davanti a me.

Al Tronchetto ci siamo pigiati sull'autobus. Non so come sono arrivato vivo dopo 40 minuti in piedi tipo carro bestiame, a Stra.  Nonostante tutto questo, e scusate se è poco, dentro di me ho goduto la vicinanza di tanti atleti, un percorso bello che non ha bisogno di essere pubblicizzato, una giornata assolata con Venezia in grande spolvero e piena di pubblico.

Mi è bastato per ripagarmi di tutto e per decidere, la sera stessa che i miei 64 kg saranno alla partenza anche a Reggio il prossimo 14 Dicembre.

Ciao e Buone corse a tutti! 

 

Alessandro Grando

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