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In capo a pochissimi minuti sono in strada a godermi le ore di fresco con l’aria frizzante di un bellissimo mattino di giugno.

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Sabato sera con gli amici stavamo tirando veramente tardi, poi Alessandra decide di mandarci tutti a letto e lo fa con una battuta davvero carina: ”Su, a casa, domani mattina presto la Betta deve allenarsi!”
Così, richiamata ai miei doveri di runner, domenica spengo la sveglia a malincuore, è sempre troppo presto, ma poi penso che non vado a lavorare, ma a correre, ed è tutto diverso, in capo a pochissimi minuti sono in strada a godermi le ore di fresco con l’aria frizzante di un bellissimo mattino di giugno.

Il cuore è alla Rigantoca, quella corsa fra i monti troppo lunga e difficile per la mia preparazione, ma che di sicuro prima o poi correrò anche io. Per oggi poco più di una decina di chilometri sui miei monti, salite, sterrato e boschi anche per me, non importa se non sono tra Righi e Avosso.

Salgo il ponte con le vecchiette che vanno alla prima messa domenicale, poi proseguo la salita, è asfalto, e pian piano esco dal centro abitato. Dall’alto vedo l’autostrada. Tante macchinine in fila a raggiungere il mare. Mi chiedo se, chi viene dalla Lombardia tutte le domeniche tra code, posteggi, caldo e nervosismo, non affronti in realtà fatiche ben peggiori di quelle di noi runners …

La mia strada continua in salita, sempre asfalto e qualche casetta sparsa. Hanno tutte il giardino curatissimo adornato di fiori colorati, è un piacere passarvi davanti mentre di sicuro chi le abita si sta svegliando.
Seguo le frecce bianche del giro del Giabbani, la gara di domenica scorsa, in prossimità della cascata del Serpente dovrò girare a sinistra, non vedrò il bel salto che fa l’acqua, pazienza. Continuo a salire, tanto, fin’ora non ho incontrato nessuno sul mio percorso. Mi godo la strada, la musica nelle orecchie, i profumi degli alberi e dei fiori, faccio fatica e sono contenta, mi sento viva. Pian piano vedo in lontananza una grande fattoria e mi accorgo che lì l’asfalto finisce. Due cani mi scorgono da lontano e iniziano ad abbaiare e a corrermi incontro con intenzioni poco piacevoli per me. Per fortuna però esce un uomo sulla settantina e li richiama. “Cosa dice mi mangiano tutta?” “Tutta no, c’è troppa roba!” e senza voglia di offendermi gli spiego: “Sto correndo, qui è bello” “Sei da sola?” Annuisco. Io non ho paura a correre sola per i boschi, ma so che può sembrare strano. “Allora fai un buon giro, ciao”. Lo saluto e mi immetto nello sterrato. Ancora salita, forse più pendenza di prima in questo primo tratto. Mi inoltro nel bosco. Al rumore dei miei piedi è tutto un fuggire di lucertole. La vegetazione è fitta e la luce filtra poco. I pietroni si susseguono quasi verticalmente in modo discontinuo quasi a sfidarmi: “volevi correre tra i boschi? Eccoci qui! Credevi fosse semplice? Beh ti sei sbagliata!” Sono concentrata, attenta a non cadere e a seguire le frecce bianche del percorso che si alternano fra pietre e tronchi. Un po’ la musica nelle orecchie, un po’ il rumore degli arbusti che si spezzano al mio passaggio, mi accorgo del cane solo quando mi supera. “Oddio” penso “Se mi sbrana qui non mi troverà nessuno per giorni …” Ma fido non sembra avere cattive intenzioni. Si ferma poco più avanti di me e mi guarda. Gli sorrido continuando a correre e anche lui va avanti qualche metro aspettandomi scodinzolante. Ci rincorriamo per tutto il bosco, lui davanti aspettando che lo prenda, io dietro, contenta dell’inaspettata compagnia. Di sicuro è stato mandato dal contadino di prima, e quando il bosco finisce fa dietrofront e torna a casa con un “Bau!” di saluto.

D’un tratto gli alberi finiscono ed è solo erba verde, luce, e cielo azzurro. Percorro il sentierino fino a trovarmi sull’asfalto. Sono sul Faiallo, cavoli ne ho fatta di strada! Le frecce continuano un po’ sull’asfalto e poi mi invitano a sorpassare un cancello purtroppo oggi chiuso. Scavalco e sono di là, e di nuovo prati e salite, una la faccio quasi a carponi vergognandomi un po’, ma tanto non c’è nessuno che mi veda, ed in un lampo sono a Forte Geremia nel parco del Beigua. Il paesaggio è così suggestivo che vale la pena fermarsi a contemplare le meraviglie che mi circondano. Sono sulla sommità di un crinale. Di qui si dipartono all’incirca tre vallate. I paesi mi appaiono piccoli e ordinati, come presepi, e laggiù l’azzurro del cielo si fonde con quello del mare. Penso che raramente ho visto uno spettacolo più bello. E tutt’intorno un silenzio interrotto solo dal canto di alcuni uccelli. Una sensazione di pace, di infinito, di meraviglia, si impossessa di me e riprendo la mia corsa. Sbaglio strada tre volte, su e giù per questo o quel sentiero che non mi porta da nessuna parte. Ritorno al Forte. E’ inutile, qui domenica scorsa ci sarà stato un ristoro e le indicazioni sulla strada da percorrere le avranno date a voce, delle frecce bianche non c’è più traccia. Ma come faccio a tornare a casa? Il sentiero di prima a ritroso come ultima spiaggia. Vedo poco più sotto di dove sono una carrettabile. Penso che se di lì può passare una gip certamente quel sentiero finirà con una strada asfaltata che, se sono fortunata, mi porterà nella mia vallata.

Prendo la carrettabile e dopo pochi metri ritrovo le frecce bianche, che bello, sono sulla strada giusta, chissà dove mi porterà! E mi ritrovo in un altro boschetto, tutte frasche ombreggianti che adesso che il sole si fa sentire, rinfrescano la mia corsa. I pietroni passano veloci sotto i miei passi, sono in discesa, mi sembra quasi di saltare ad ogni passo, ma che dico, volo! Mi sto divertendo da matti!

Quando il bosco finisce sono alla Cappelletta, frazione di Masone, un gruppo di case isolate frequentate per lo più in estate da alcune famiglie della Genova bene. C’è anche una piccola chiesa. A lei il mio saluto tutte le mattine che, allenandomi nell’altra vallata, la vedo dal basso, tal’ora nascosta tra qualche nuvola.

Penso che sono quasi a casa, che d’ora in poi conosco la strada, e che è maledettamente tardi, devo mettermi al più presto tra i fornelli, abbiamo ospiti a pranzo.

Proseguo tra i boschi, con i cani che abbaiano al mio passaggio e la gente che esce di casa allarmata a vedere il perché. Saluto tutti scusandomi per il disturbo fino ad arrivare sulla statale del Turchino. Poche curve e sono a casa. Stanca, felice e con una zecca da levare.